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IL RUOLO DEL CAFFÈ IN MEDICINA
 
A cura della Dr.ssa Silvia Casella
Laureata in Medicina e Chirurgia
Specialista in Geriatria e Gerontologia
Assegnista di Ricerca c/o SSVD Gastroenterologia
Spedali Civili di Brescia – Ambulatorio di Epatologia
 

Dal punto di vista biochimico, il caffè risulta essere una miscela di oltre 100 componenti (1), tra i quali i più significativi sono rappresentati dai seguenti:

- Carboidrati
- Lipidi
- Aminoacidi
- Vitamine
- Alcalodi
- Composti fenolici.

Dal punto di vista dell’attività biologica, i componenti del caffè sono i seguenti:

Caffeina (1,3,7-trimetilxantina): è un alcaloide purinico che si trova naturalmente nei chicchi di caffè (Fig. 1). La caffeina è un’antagonista dell’adenosina, un inibitore del sistema nervoso centrale, quindi per questo motivo il caffè risulta essere uno stimolante. La caffeina viene rapidamente e completamente assorbita nello stomaco e nel piccolo intestino e successivamente viene distribuita a tutti i tessuti, incluso il cervello. Il metabolismo della caffeina avviene principalmente a livello del fegato, dove viene attivato dal Citocromo P450. Una tazzina di caffè (50 ml) contiene dai 50 agli 80 mg di caffeina. In realtà la concentrazione di caffeina varia a seconda della tipologia di preparazione stessa. Infatti una recente analisi effettuata su 14 diversi tipi di caffè, venduti negli USA, ha dimostrato che per la stessa quantità di bevanda (~ 240 ml) la quota di caffeina variava dai 72 ai 130 mg (2). Straordinariamente è stato altresì dimostrato che il contenuto in caffeina dello stesso tipo di caffè acquistato nella medesima torrefazione, in sei giorni diversi, variava significativamente.

Struttura chimica di caffeina e adenosina
Struttura chimica di caffeina e adenosina



Diterpeni (Cafestolo e Cafeolo): il consumo di caffè è stato associato, in alcuni studi, ad un incremento dei valori di colesterolo LDL, ma tale teoria non è stata suffragata da studi successivi (3). In realtà l’entità di tale effetto dipende dalla modalità di preparazione della bevanda ed è strettamente legato alla produzione di questi diterpeni (fig. 2). In particolare si è osservato che il caffè bollito, come quello turco, scandinavo e francese contiene quantità di cafestolo e cafeolo molto elevate (6-12 mg), così come nell’ormai obsoleto caffè italiano bollito (il caffè del “pentolino” delle nonne). Mentre nel caffè filtrato, come quello americano o nel caffè espresso, la quantità di tali elementi è di gran lunga inferiore (0.2-0.6 mg/tazza) (4,5). Ciò è facilmente spiegato dal fatto che i diterpeni vengono prodotti dal caffè durante la bollitura, ma vengono altresì rimossi dall’utilizzo dei filtri. A livello fisiologico, è stato dimostrato in pazienti ileostomizzati, che il 70% dei diterpeni viene assorbito a livello intestinale (6).

Struttura chimica di cafestolo e cafeolo
Struttura chimica di cafestolo e cafeolo



Acido clorogenico: rappresenta una famiglia di esteri (fig. 3), che si vengono a formare tra l’acido chinico e trans-cinnamico (7). Il caffè rappresenta una delle fonti alimentari maggiori di acido clorogenico e acido cinnamico (acido caffeico). L’acido clorogenico ha un potente effetto antiossidante (8,9), una tazzina di caffè ne contiene dai 18 ai 90 mg. Il 33% dell’acido clorogenico ingerito ed il 95% dell’acido caffeico vengono assorbiti a livello intestinale. A questo livello, i 2/3 degli acidi clorogenici ingeriti vengono metabolizzati dalla microflora batterica intestinale.

Struttura chimica dell'acido clorogenico
Struttura chimica dell'acido clorogenico



Micronutrienti: numerosi micronutrienti si ritrovano nel caffè, essi includono magnesio, potassio, niacina e vitamina E, e tutti questi contribuiscono agli effetti benefici che derivano dal consumo di tale bevanda. In accordo con USDA Nutrient Database, 240 ml di caffè bollito contengono 7 mg di magnesio e 116 mg di potassio, mentre 30 mg di caffè espresso italiano ne contengono addirittura 24 mg e 34 mg rispettivamente (10).

 
  UN MITO DA SFATARE (11)
 
Per numerosi anni si è pensato che il caffè, ed in particolar modo la caffeina, fosse dannoso per la salute. In realtà non è affatto così, anzi sono stati riscontrati svariati effetti benefici del caffè sulla salute. E’ importante spiegare la motivazione sottesa a tale falsa convinzione, infatti gli studi epidemiologici erano falsati dal fatto che i pazienti che bevevano molto caffè molto spesso erano anche coloro che fumavano molto e non seguivano un corretto stile di vita.
 
  GLI EFFETTI PROTETTIVI DEL CAFFÈ
 
EFFETTO PROTETTIVO SUL FEGATO
Il danno epatico viene determinato dall’infiammazione cronica che conduce successivamente alla cirrosi epatica. Nella cirrosi epatica, la formazione di tessuto fibrotico determina un progressivo deterioramento delle funzioni epatiche e causa una serie di complicanze, prima fra tutte il rischio di tumore al fegato. Le più comuni cause di cirrosi epatica sono rappresentate dall’abuso di alcol e da epatiti virali (epatite B e C).

- Caffè e prevenzione del danno epatico
Importanti markers sierologici di danno epatico sono le transaminasi (soprattutto le ALT – alanino aminotrasferasi) e le GGT (γ-glutamil-transferasi). Diversi studi hanno dimostrato che il regolare consumo di caffè comporta una significativa riduzione di questi marcatori sierici (12). In particolare, in un importante studio condotto in USA su 6000 adulti affetti da molteplici forme di epatopatia, si è osservata una netta riduzione dei valori di ALT in coloro che consumavano regolarmente caffè (13).

- Caffè e prevenzione della cirrosi epatica
Il consumo di caffè è inversamente associato al rischio di sviluppare cirrosi epatica in diversi studi caso-controllo (14), inoltre in due studi prospettici di coorte si è osservata una correlazione con il ridotto rischio di mortalità, in soggetti con cirrosi epatica su base alcolica (15). Uno studio condotto per 8 anni su più di 120.000 soggetti, si riscontrò una riduzione del rischio di morte per cirrosi alcolica del 22% per ogni tazza di caffè consumata al giorno (16). In un altro studio condotto per 17 anni, ove vennero arruolati 51.000 soggetti, si riscontrò una riduzione del rischio di morte per cirrosi epatica del 40% in coloro che assumevano almeno 2 tazze di caffè al giorno, rispetto a coloro che non ne consumavano (17).

- Caffè e riduzione del rischio di cancro al fegato (Epatocarcinoma)
Ormai numerosissimi studi hanno evidenziato una correlazione tra il consumo di caffè ed il ridotto rischio di sviluppo di cancro al fegato. Il più recente è uno studio pubblicato nel marzo 2011, condotto a Singapore su 63.257 soggetti di età media-avanzata ad elevato rischio di sviluppo di epatocarcinoma. Quel che è stato straordinariamente dimostrato è che, rispetto ai soggetti che non bevevano caffè, coloro che ingerivano 3 o più tazze di caffè al giorno avevano una riduzione del 44% del rischio di sviluppare il tumore al fegato (18). Diversi studi in vivo hanno evidenziato come la caffeina e l’acido clorogenico inibiscano la carcinogenesi epatica, così come è stato dimostrato anche per i diterpeni.

- Aumento della percentuale di SVR nel trattamento dell’epatite HCV
L’epatite cronica da virus dell’epatite C (HCV) viene oggi trattata con la combinazione di 2 farmaci: l’interferone pegilato e compresse di ribavirina. La probabilità di guarigione è variabile a seconda del genotipo del virus e da una serie di fattori modificabili e non modificabili. In generale la probabilità di guarigione con la terapia antivirale va dal 30-40% nei casi meno facili all’80-90% nei casi più “facili”. Straordinaria è la scoperta, peraltro molto recente, che il caffè determini un aumento della probabilità di successo della terapia antivirale nel trattamento dell’epatite C (19).

PREVENZIONE DEL DIABETE MELLITO TIPO 2
Il Diabete mellito tipo 2 è un disordine metabolico caratterizzata dall’alta concentrazione di glucosio nel sangue e che comporta una serie di complicanze vascolari e neurologiche molto gravi.
Sono stati pubblicati numerosi studi, nel corso degli anni, che hanno correlato un ridotto rischio di sviluppo del diabete mellito con l’introduzione di adeguate quantità di caffè. I due più importanti studi prospettici di coorte che hanno analizzato tale correlazione, sono il Health Prefessionals Follow-up Study (41.934 uomini arruolati) e il Nurses’ Health Study (84.276 donne arruolate) (20). In ambedue i gruppi si era osservata una riduzione del 54% e 29% rispettivamente del rischio di sviluppo di diabete mellito in coloro che introducevano adeguate quantità di caffè, rispetto a coloro che non lo assumevano. Recentemente una review sistematica di 9 studi prospettici, che includeva più di 193.000 soggetti, ha dimostrato una riduzione del rischio di diabete mellito tipo 2 del 35% in coloro che consumavano 6 tazze/giorno e del 28% in coloro che consumavano tra 4-6 tazze/giorno, rispetto a coloro che ne assumevano meno di 2 tazze (21).

PREVENZIONE DEL MORBO DI PARKINSON
Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra il consumo di caffè ed il ridotto rischio di sviluppo di morbo di Parkinson (22). Uno studio ha mostrato che coloro che assumevano regolarmente una tazza di caffè al giorno, aveva un rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, nei successivi 10 anni, addirittura dimezzato rispetto a coloro che non ne bevevano affatto (23). Nello studio di coorte CPS II, si è osservata una correlazione inversa tra il consumo di caffè ed il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, nelle donne che non avevano mai intrapreso la terapia ormonale sostitutiva post-menopausale, mentre tale correlazione non si evidenziava in coloro che l’avevano assunta (24). Interessante è notare che il consumo di caffè determina una franca riduzione dei sintomi prodromici al morbo di Parkinson, in particolare i mutamenti nel comportamento, i disturbi del sonno e l’alterazione del gusto (25).
La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici nella sostanza nera. Gli studi effettuati in vivo, hanno evidenziato che il consumo di caffè riduce il rischio di morbo di Parkinson attraverso l’effetto protettivo che mostra avere verso la neurotossicità dopaminergica (26).

RIDUZIONE DEL RISCHIO DI SUICIDIO
Studi prospettici di coorte condotti negli USA hanno mostrato una significativa correlazione inversa tra il regolare consumo di caffè ed il rischio suicidario (27,28).
Uno studio prospettico condotto per 10 anni in California, su una coorte di più di 128.000 soggetti, ha evidenziato una riduzione del rischio suicidario del 13% per ciascuna tazza di caffè consumata quotidianamente. In modo analogo, un altro studio condotto su più di 86.000 donne che introducevano più di 2 tazze di caffè/die avevano un rischio suicidario dimezzato, rispetto a coloro che non ne bevevano (19).

PREVENZIONE DEL CANCRO AL COLON-RETTO
In generale, il consumo di caffè è stato inversamente correlato al rischio di cancro al colon-retto in numerosi studi caso-controllo, ma non confermato negli studi prospettici di coorte. Una meta-analisi che ha analizzato il risultato di 12 singoli studi caso-controllo e 5 studi prospettici, ha evidenziato una riduzione del rischio di cancro del 24% in coloro che bevevano 4 caffè/die rispetto a coloro che non ne bevevano (29). Analogamente, in uno studio condotto negli USA, si è osservata una riduzione del rischio del 48% in coloro che assumevano 2 caffè/die rispetto a coloro che non ne assumevano (30). Diversi meccanismi sono stati proposti per spiegare l’associazione tra il consumo di caffè e la riduzione del rischio di sviluppare il cancro del colon-retto, ma ancora non vi è una chiara teoria eziopatogenetica che possa spiegare appieno tale condizione.

 
  ATTENZIONE ALLA QUANTITÀ INTRODOTTA DI CAFFÈ
 
Ovviamente, come per tutte le sostanze, non si deve esagerare nella quantità di caffè introdotta al giorno (si considera un’elevata quantità una dose maggiore a 5-6 tazze/giorno). In particolare coloro che soffrono di ipertensione arteriosa (valori di pressione del sangue elevati) non devono abusare di tale bevanda. Ciò però non significa che queste persone non devono assolutamente bere caffè, infatti è stato dimostrato che un moderato consumo (2 o 3 tazzine al giorno) non interferisce significativamente con l’ipertensione. Così come per coloro che soffrono di ipercolesterolemia (elevati valori di colesterolo nel sangue), si consiglia di non superare le 2 tazzine di caffè al giorno, inoltre per il caffè casalingo si raccomanda di usare carta da filtro per filtrare i diterpeni (di cui ne abbiamo ampiamente parlato nella parte iniziale). In gravidanza e durante l’allattamento si consiglia di moderare la quantità di caffè introdotta, così come per le donne affette da osteoporosi (riduzione della massa ossea che comporta un aumentato rischio di fratture).
 
  CONCLUSIONI
 
E’ stato dunque dimostrato che il caffè possiede ottime qualità e può prevenire, se assunto in quantità modeste, numerose condizione morbose. Come per tutte le sostanze introdotte è però importante la moderazione e si consiglia l’assunzione di non più di 3 caffè al giorno.
Per uno stile di vita corretto e sano si consiglia una dieta sana e bilanciata, esercizio fisico quotidiano, abolizione di fumo e bevande alcoliche, ma sarete felici di sentirvi dire che è concesso…anzi addirittura consigliato assaporare del buon caffè!
 
  BIBLIOGRAFIA
 
1 Spiller M.A., 1998. The chemical components of coffee. In: Caffeine. Pp 97-161. Spiller G.A., Ed., CRC Press, Boca Raton.
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19 Freedman ND, Curto TM, Lindsay KL, Wright EC, Sinha R, Everhart JE; HALT-C Trial Group. Coffee Consumption is Associated with Response to Peginterferon and Ribavirin Therapy in Patients with Chronic Hepatitis C. Gastroenterology. 2011 Mar 1. [Epub ahead of print]
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